Stati Generali, la relazione (virtuale) dell’Anacaad

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L’ANACAAD Comunica: “L’ANACAAD (Associazione Nazionale Allevatori Cavallo Anglo Arabo e Derivati), benché non inclusa tra le 250 audizioni predisposte al fine di creare un libro bianco dell’Ippica, col senso di responsabilità che le è proprio e nella consapevolezza dei buoni intenti del Ministro Zaia, ritiene di dover dare il proprio contributo all’apprezzabile dibattito apertosi tra il mondo del cavallo e le istituzioni superiori. Tale contributo tiene conto della spinta che deriva dall’orgoglio di rappresentare una delle tre razze i cui libri genealogici sono riconducibili all’Area Sella dell’UNIRE, la razza Anglo-Araba che, forte della propria tradizione e di uno sforzo selettivo che affonda le sue radici alla fine dell’Ottocento in Sardegna, non solo rappresenta ancora oggi una cospicua porzione dei cavalli da Sella prodotti in Italia, ma certamente riveste una forte identità nazionale che ben si evince dalla lettura dei profili genealogici.
Ai seguenti quesiti:
1)cosa propone per la riorganizzazione e il rilancio del settore ippico italiano?
2) per raggiungere quali obiettivi e in quali tempi?
3) con quale politica di investimenti?
4) criticità particolari da segnalare?
l’ANACAAD fornisce le seguenti risposte:

1.Conoscere per deliberare (non lo diciamo noi, ma Luigi Einaudi nel suo volume “Prediche inutili”). La prima mossa, dunque, è affrontare le cose per il verso giusto ovvero iniziare a porre in essere uno studio di settore razionale e sistematico, organizzato per ambiti operativi e strategici, con opportuni cronogrammi a breve cadenza per la produzione di risultati, da affidarsi ad esperti professionisti, liberi dai condizionamenti di parte e da coinvolgimenti troppo stretti con il settore ippico. Solo nella fase successiva alla collazione dati, potranno entrare in campo i tecnici (quelli veri, non quelli presunti e autoreferenziali). Il piano dovrà fornire numeri, dati ed indicatori necessari per identificare aree di criticità reali e non soggettive, al fine di poter passare all’individuazione di obiettivi sostenibili e strategie credibili per il rilancio del settore. In sostanza si tratta di porre in campo un “metodo” che comporti degli step successivi finalizzati al raggiungimento di detti obiettivi.
Nello specifico, per quello che riguarda l’area sella (su questo noi dell’ANACAAD riteniamo di dover intervenire) occorre verificare con molta attenzione i dati della produzione nazionale e raffrontarli tra loro (produzioni regionali) e con le produzioni estere. E’ imprescindibile la pubblicazione ed il regolare aggiornamento dei libri genealogici che rappresentano uno strumento indispensabile per qualunque genere di programmazione. Si deve fare in modo che tutte le organizzazioni che fanno capo al settore sella possano utilizzare e rendere informazioni, essendo parte di un flusso informatico ben definito, da cui monitorare l’andamento della produzione, della richiesta e quindi del mercato. E’ altresì indispensabile che, al pari del “trottatore” e del “purosangue inglese” il cavallo da sella abbia una dignità definita e ben qualificata nel riconoscimento del pubblico interesse, in termini anche di quantificazione economica dello sforzo proporzionale all’impatto delle razze da sella nell’economia globale del settore.
Occorre valorizzare e rendere finalmente giustizia alle produzioni italiane, invertendo il “trend” che negli ultimi anni ha visto l’esercizio di una politica a favore di produzioni estere e, conseguentemente, di allevatori e “stallonieri” di altri Paesi, ad ippicoltura evoluta, che certamente non necessitano di un sostegno economico da parte dell’Italia, soprattutto se tale sostegno va a discapito proprio delle produzioni locali. L’Italia importa numeri impressionanti di cavalli sportivi e per il tempo libero. I risultati, anche delle migliori importazioni, sono assai scarsi e sotto gli occhi di tutti. Come rappresentanti dell’ANACAAD rivendichiamo con forza il valore e la potenzialità economica dell’Anglo-Arabo (con la produzione sarda siamo i secondi produttori dopo la Francia, paese d’origine della razza) e dei suoi derivati. Gli interventi da intraprendere debbono mirare anche all’individuazione di un mercato reale con precisi “target”, sia a livello nazionale che estero. Si deve differenziare la produzione, modulandola proprio in riferimento allo specifico “target”, sottraendola alla casualità ed al disorientamento generale in cui da troppo tempo si trova. Si deve, dunque, caratterizzare il singolo prodotto, promuoverlo e valorizzarlo agli occhi del mercato potenziale, anche con il carico dei plus valori di carattere etologico, sociale e di tradizione locale. Si deve fare in modo che il prodotto offerto incontri il “suo” mercato ed all’interno di questo sia protetto dalla “pirateria” degli interessi di pochi e, agevolmente, vi si collochi in quanto parte di un sistema in cui il pubblico funzioni da stimolo per il privato, per la creazione di condizioni mercantili favorevoli. Si deve incrementare una produzione nazionale derivante da sforzi selettivi d’impostazione pluriennale e, per tale caratteristica, geneticamente gestibile ed adattabile alla mutevolezza delle mode, di cui anche questo settore risente. 
Questa impostazione consentirà l’importazione di soli stalloni o seme d’alta qualità e limiterà quella di fattrici che, fatta eccezione per alcune iniziative di privati molto facoltosi, rappresentano le variabili inferiori delle classi fattrici degli altri Paesi. Si deve, insomma, svolgere un’azione culturale profonda che restituisca alla nazione la propria identità nell’allevamento di un cavallo italiano, per non incorrere ancora negli errori drammatici che nella seconda metà del secolo scorso hanno condotto all’estinzione di razze italiane importanti come il Persano e il Salernitano, di cui certamente nessuno si doveva vergognare dal punto di vista dei risultati nello sport, ma che purtroppo avevano perduto l’appeal rispetto alla moda del momento e la protezione di un “sistema” di stampo militare che era venuto a mancare.%%newpage%%
In quel periodo non si comprese il gran ruolo che queste razze avrebbero potuto avere nella creazione di un vero cavallo di razza Sella Italiano, che non fosse invece una mera denominazione nazionale di un coacervo di razze da Sella d’altri Paesi come purtroppo sta diventando (dove sono quelle razze italiane nelle nostre genealogie?). Non commettiamo, dunque, il medesimo crimine nei confronti dell’Anglo Arabo prodotto in Italia. Ma torniamo al mercato! Si deve costantemente registrare il “feed back” del mercato, ovvero il suo andamento, individuandone precocemente le criticità e le oscillazioni per poter tempestivamente intervenire al fine di correggere i difetti e le inefficienze. Per realizzare tutto questo occorre adottare una metodologia rigorosa, creare ex novo un “sistema” che nel nostro Paese manca totalmente in riferimento al cavallo da Sella, anche perché manca il pubblico riconoscimento di un concetto di “filiera del cavallo”.

2.Dalla piattaforma di conoscenza si deve passare a piani strategici, contigui, coerenti e non conflittuali, che tengano conto dell’esigenza di contestuali programmazioni pluriennali di lungo periodo ma anche di breve-medio periodo per ambiti specifici (testage p.es.), considerato l’elevato intervallo generazionale delle produzioni equine e al contempo il numero di anni necessario per la verifica dei risultati. Indubbiamente uno degli elementi fondamentali da prendere in considerazione e da realizzare immediatamente è la semplificazione normativa e la rimozione degli ostacoli e dei “gap” che determinano esiziali cortocircuiti nel nostro mondo allevatoriale scoraggiato, stanco e totalmente sfiduciato. Evitando di confliggere con le indicazioni e le norme della UE certamente si eviterà di cadere nuovamente, come già avvenuto in tempi recenti, in procedure d’infrazione. Rimuovere gli ostacoli significa rimuovere “tutti” gli ostacoli.
In termini pratici, se in tutti gli altri Paesi l’Anglo-Arabo, al pari del Purosangue inglese, viene considerato razza da incrocio per l’apporto di “sangue” nelle razze Sella (peraltro a costi molto inferiori rispetto al Purosangue!) non si capisce perché in Italia ci si debba autolimitare con norme che ancora vogliono ostacolare l’impiego degli stalloni di razza Anglo Araba.
Gli obiettivi concretamente sono i seguenti:
a) raggiungimento della conoscenza in tutti gli ambiti afferenti alla specifica produzione, analisi dei risultati dei dati ottenuti (ivi compresa la pubblicazione degli Stud book), predisposizione progetti di riqualificazione della produzione ippica – 2 anni; 
b) elaborazione di piani selettivi differenziati per nuclei, e per linee (sella p.d. e corsa per esempio nel caso dell’Anglo Arabo) ad organizzazione piramidale con apice ben identificato dal riconoscimento pubblico e di valenza economica tangibile (per esempio bollino di qualità) – dai 5 ai 10 anni a seconda del singolo ambito e obiettivo; 
c) annuale realizzazione campionati riproduttori e vetrine delle produzioni; 
d)  promozione mediatica e culturale dell’allevamento e delle produzioni (scuola, società ecc). Produzione di materiale divulgativo di facile impatto (evitare lo spreco di risorse promozionali per immagini statiche che trasmettono messaggi fini a se stessi) – 3 anni.%%newpage%%

3.Per quanto concerne gli investimenti, anche in questo caso non si può prescindere dagli elementi di conoscenza, particolarmente del bilancio globale del settore e delle singole imputazioni e investimenti. Occorre sicuramente uscire dalla genericità di certe “poste” per poter finanziare obiettivi qualificanti e verificabili. Particolare attenzione andrà rivolta ai montepremi delle corse che vedono racchiuso in un unico calderone il vaso di coccio del “Sella” (esistono le corse riservate ai mezzosangue!) tra i vasi di ferro del “Trottatore” e del “Purosangue”. E’ di tutta evidenza che non possono darsi indicazioni di carattere quantitativo in difetto di una precisa valutazione del bilancio dell’UNIRE e degli impegni del Ministero. E’ altresì evidente che non possa non ipotizzarsi una politica d’investimenti che parta dalla riduzione degli sprechi e da interventi di recupero economico degli investimenti chiaramente improduttivi. Proprio per questo motivo occorre investire nel monitoraggio del sistema in generale e della spesa in particolare, affinché l’algebra economica del settore possa tornare in pareggio.

4.Le criticità da segnalare sono rappresentate, indubbiamente: a) dall’assoluta povertà di dati del settore; b) dall’iniqua ripartizione delle risorse; c) dal personalismo e dalla creazione di piccole lobby che alimentano favoritismi alla base di tutti i conflitti interni del settore; d) dalla mancanza di programmazione d’impostazione pluriennale e dall’andamento normativo ondivago, limitativo per il settore e spesso incoerente con gli obiettivi moderni di una produzione snella e pronta a reagire al mercato nel rispetto della cultura e della tradizione nazionale; e) dall’esterofilia parossistica che porta a favorire le produzioni d’altri paesi piuttosto che quelle nazionali; f) dall’assenza di “sistema” (mancanza di professionalità a tutti i livelli); d) dal mancato riconoscimento di una “filiera” del cavallo; g) dall’eccesso della pressione “pubblica”, in termini di burocrazia e d’imposizione, sul settore senza un ritorno d’efficienza complessiva dei meccanismi di produzione-definizione del prodotto-promozione-commercializzazione-flusso informativo che possa perfezionare o rigenerare l’impostazione produttiva stessa.

In conclusione riteniamo opportuno chiedere, sperando di ottenere risposte motivate, perchè l’Associazione Nazionale Allevatori Cavallo Anglo Arabo e Derivati non abbia ricevuto, come tanti altri, un formale invito a cooperare agli Stati generali dell’ippica, considerato che, fra le Associazioni afferenti all’area Sella, è la sola che in Italia tutela e promuove un cavallo da sella che ha come obiettivi di selezione le corse in piano e ad ostacoli (ippica propriamente detta) e cioè l’Anglo Arabo. Per maggiore comprensibilità dei non addetti ai lavori si precisa che l’Anglo Arabo e i suoi derivati hanno anche una spiccata attitudine agli sport equestri (completo d’equitazione, salto ostacoli e dressage). Tutto ciò denota una notevole versatilità e, quindi, una singolare capacità d’adattamento alle difficili condizioni di molte realtà rurali della nostra Italia, doti fondamentali se vogliamo allevare buoni cavalli per lo sport e non solo soggetti provvisti di un’ottima genetica potenziale ma non integrata con l’ambiente in cui ha sede l’allevamento.    
E’ chiaro, da quanto sopra e da quanto si può evincere dal modo di agire dell’ANACAAD nei suoi primi 5 anni d’attività, che noi non vogliamo offrire delle soluzioni “spot” al Ministero, ma siamo convinti che sia proprio giunto il momento di evitare che si dia seguito ad interventi a “macchia di leopardo” che non possono condurre e non condurranno a nessun risultato. Occorre modificare la filosofia complessiva di governo del settore, dare spazio alle intelligenze e tapparsi le orecchie mentre si passa accanto alle sirene. Buon lavoro a tutti”.
La relazione è firmata dal presidente Mario Cossu


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